Da sempre considerato il metallo nobile per eccellenza, l’oro è ancora oggi uno dei materiali più ricercati e quindi ritenuti più preziosi. La sua scarsità in natura, giustifica il suo costo elevato e l’impegno degli Stati che hanno la fortuna di avere sul proprio territorio dei giacimenti sfruttabili, nel tentativo di approntare tecniche di estrazione che siano il più possibile rispettose dell’ambente, senza pregiudicare la resta dell’operazione.
L’oro puro, quello che convenzionalmente viene definito oro 24 Kt, si può trovare in natura in diverse forme, le cui caratterizzazioni hanno condizionato, nel corso dei secoli, i tentativi dell’uomo di recuperarlo.
Accanto ai più tradizionali giacimenti veri e propri, per il cui sfruttamento si ritiene sufficiente la previsione di circa 6 gr di oro e che causano notevoli disagi all’ambiente circostante, si possono infatti annoverare i più pittoreschi depositi fluviali o gli accumuli detritici.
I primi, noti ai più per le gesta degli avventurieri che nel corso di epoche non lontane, si lanciarono, setaccio alla mano, alla ricerca della fortuna sotto forma di pepite, erano in verità ben noti già in antichità. Si narra infatti che fu proprio la pratica del recupero del biondo metallo ad ispirare Strabone nella scrittura del famoso “ll vello d’oro“.
Secondo la tradizione, nella zona del Colchide, gli abitanti erano soliti ricorrere ai manti delle pecore, quale ausilio per il recupero dell’oro: li immergevano nelle acque dei fiumi e, grazie all’azione della lanolina che catturava le particelle di prezioso metallo, venivano estratti ricoperti di lucenti pagliuzze auree.
Anche i depositi detritici furono noti ai nostri antenati: Plinio si occupò in particolare della nota miniera di Las Medullas, in Spagna, dove si utilizzava un metodo idraulico per far si che loro vedesse la luce.
Modernamente, a fronte dello sfruttamento massiccio dei giacimenti, e dei rischi connessi relativi non solo all’inquinamento ambientale, ma anche allo sfruttamento delle popolazioni coinvolte, c’è chi continua a studiare metodi alternativi che siano eticamente sostenibili ed ecocompatibili. Tra essi vale la pena di ricordare non solo il tentativo di sviluppare tecniche efficienti per il recupero dell’oro puro contenuto nei rottami elettronici ed informatici, ma anche le ultime scoperte che, utilizzando elementi non tossici, quale ad esempio il semplice amido di mais, renderebbero non più indispensabile il passaggio della cianurazione aurea.
L’oro puro, in quanto tale, mantiene inalterate le sue caratteristiche per molto tempo, resistendo egregiamente sia al passaggio degli anni, che agli agenti atmosferici. Esso viene utilizzato ancora oggi in molti campi diversi: oltre ad essere la forma tipica dell’investimento, sotto forma di barre o lingotti, viene sfruttato grazie alle ottime proprietà di conduttore nell’industria elettrica ed elettronica, in particolar modo per la costruzione dei contatti all’interno dei pc domestici o degli smartphones.
A causa della sua incredibile duttilità, tuttavia, l’oro è spesso sottoposto ad un processo di unione in lega con altri metalli, volto ad aumentarne la resistenza e la durezza, specie al fine della lavorazione.
Accade quindi che, specie in campo orafo sia rarissimo, se non improbabile imbattersi in esemplari in oro 24 kt, ma che sia molto più frequente la presenza di oggetti in oro a carature inferiori, nate dalla lega con l’argento e il rame, lo zinco e il nickel, cui si ricorre in differenti proporzioni.
Tra le carature più diffuse, specie sul mercato italiano, il primato è da attribuirsi sicuramente all’oro 18 kt, o 750 millesimi, spesso utilizzato per la forgiatura di gioielli e per dar luogo ad una variazione cromatica dell’oro.
In lega 18 kt nata dall’unione tra l’80% di oro puro, nickel e argento, nasce ad esempio l’oro bianco, molto noto ed apprezzato per la sua luminosità e spesso utilizzato quale sostituto del platino in campo orafo.
Sempre a 18Kt è la lega d’oro utilizzata in campo medico ed in particolare in odontoiatria. In questo caso tuttavia, si ricorre all’aggiunta di Iridio, Iodio e soprattutto Rutenio, al fine di ridurre la grana della lega e renderla più adatta alla formulazione dell’amalgama ad uso dentistico.
Qualunque sia la lega utilizzata, è possibile ottenere un buon guadagno, rivendendo il proprio oro usato, anche eventualmente ricavato da vecchie protesi dentarie, ad un compro oro. La presenza nel settore di grandi brand nazionali e internazionali, rende particolarmente conveniente e sicura l’operazione, nel pieno rispetto delle leggi vigenti in materia.